I patti parasociali, trovano espresso riconoscimento e menzione negli artt. 2341 bis e ter del codice civile; i patti considerati e definiti dall’art. 2341 bis cod. civ., sono accordi tra soci, o tra soci e terzi, stipulati al di fuori dell’atto costitutivo, con cui i medesimi si obbligano a tenere un determinato comportamento nella società o verso la società; essi hanno ad oggetto la regolamentazione di interessi individuali dei soci, collegati al contratto sociale e gli effetti dei patti sono limitati alle sole parti contraenti, in virtù del principio della irrilevanza nei confronti dei terzi degli effetti del contratto ex art. 1372 c.c..
Tuttavia in merito alla validità o nullità dei patti, è opportuno esaminare sempre la singola fattispecie negoziale, anche alla luce dell’orientamento della S.C., con riguardo alla causa in concreto, in modo da far riferimento, nell’indagine non più alla funzione economico/sociale che il contratto persegue in astratto, bensì alle finalità reali da questo perseguite tramite la specifica fattispecie oggetto di accertamento giudiziale.
In tal senso, già la giurisprudenza di legittimità ha affermato, sia pur in vai incidentale, che il patto parasociale è illegittimo quando il suo contenuto concreto è senz’altro inidoneo a consentire l’elusione del principio generale dell’attribuzione in via esclusiva agli amministratori dell’attività di gestione della società.
Per tale ragione, non è nella mera descrizione codicistica della struttura e delle competenze degli organi sociali che può essere ricercato, in modo astratto un criterio di valutazione della validità dei patti parasociali, di volta in volta esaminati, quanto piuttosto nel regolamento negoziale adottato dalle parti, ivi inclusi i sistemi eventualmente previsti per assicurare la vincolatività alle determinazioni dei paciscienti.
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