Un tema assai dibattuto nella recente giurisprudenza riguarda le responsabilità del committente in caso di danno a terzi causato dall’appaltatore. È la sentenza dell’11 novembre 2020 – 17 marzo 2021 n. 7553 della Corte di Cassazione a rappresentare il caso studio definitivo per la questione.
Il caso che fa giurisprudenza riguarda il processo intentato dai proprietari di un immobile verso le autostrade (committente) e la ditta esecutrice dei lavori (appaltatore). Dopo aver subito danni alla propria abitazione sono stati chiesti il ristoro del pregiudizio patito, oltre al danno da deprezzamento, a titolo di responsabilità aquiliana e responsabilità per danno da cosa in custodia. E se inizialmente il Tribunale ha condannato al risarcimento solamente la ditta appaltatrice, il giudice d’appello ha coinvolto nuovamente anche la società committente. La decisione della Cassazione di procedere alla condanna anche del committente fornisce un importante esempio giuridico da poter analizzare in dettaglio.
Il primo punto preso in considerazione dal giudice del gravame è la differenza tra un committente pubblico e uno privato:
• nell’appalto tra privati, il direttore dei lavori è eventuale, può essere nominato anche dall’appaltatore e non può ingerirsi al punto da impartire ordini all’impresa;
• nell’appalto di opere pubbliche, destinate a soddisfare un interesse generale, il committente gode di un potere-dovere di ingerenza nell’esecuzione dell’opera e limita l’autonomia dell’appaltatore.
Essendo l’appalto in questione di gestione pubblica è stato impossibile non giudicare la responsabilità del committente. Vale, infatti, la sequenza di Cassazione: “in tema di appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di ingerenza della p.a. nella esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi, comportano la esclusione di ogni esenzione da responsabilità per l’ente committente” (Cass. 13266/2000; Cass.4591/2008; Cass. 1263/2012; Cass. 25408/2016).
La giurisprudenza solitamente ha valutato la sussistenza di eventuali responsabilità giuridiche di chi commissiona l’opera in base all’impostazione del ruolo dell’appaltatore. Differenze sorgono, infatti, nel caso l’appaltatore sia un mero esecutore oppure impersoni una figura autonoma e indipendente.
Sono 3 i punti fermi da tenere in considerazione in fase di valutazione:
• l’autonomia dell’appaltatore da cui discende la sua responsabilità in caso di danni a terzi,
• l’esonero di responsabilità del committente privato,
• la responsabilità o corresponsabilità del committente pubblico stante il potere di ingerenza.
Un altro elemento da valutare in sede di giudizio è la natura dell’opera, strettamente legata alla responsabilità del committente:
• per la natura pregiudizievole del suo progetto,
• e per la concreta modalità di esecuzione dell’appalto, nel caso di ingerenze, come la nomina di un direttore dei lavori.
Nel caso in questione, ovvero quando è la Pubblica Amministrazione a commissionare un’opera pubblica, le responsabilità vengono ascritti a entrambe le parti in causa.
Responsabilità che dunque riguardano:
• l’appaltatore per i danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera,
• a cui si somma quella della pubblica amministrazione (committente) “quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite da essa”, amministrazione che ha pure responsabilità esclusiva “quando abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, sì da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione” (Cass. 4050/1984).
Di conseguenza la giurisprudenza prevede una responsabilità o corresponsabilità del committente:
• nel caso in cui l’appaltatore sia un mero esecutore (nudus minister),
• in caso di specifica violazione di regole di cautela ex art. 2043 c.c.,
• in caso di riferibilità al committente stesso dell’evento per sua culpa in eligendo, ad esempio, scegliendo un’impresa inadeguata (Cass. 10588/2008; Cass. 18757/2011).
Allo stesso tempo è bene distinguere le modalità attraverso le quali il committente si pone nei confronti dell’appaltatore:
• se il committente trasferisce integralmente all’appaltatore il potere di fatto sul bene, ciò determina la translatio (ossia il passaggio) della custodia e del correlato obbligo di vigilanza all’appaltatore (Cass. 5609/2001; Cass. 19474/2005);
• se il committente non trasferisce totalmente all’appaltatore il potere di fatto sull’immobile, grava sul primo il dovere di custodia e vigilanza e la conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c. (Cass. 15734/2011; Cass. Ord. 11671/2018).
Al termine di questa disamina sulla legislazione in ambito di danni a terze parti e responsabilità di committente e appaltatore, è bene riprendere anche il caso studio enunciato all’inizio. La Suprema Corte, infatti, rigettando il ricorso della società committente, ha stabilito la seguente decisione: «nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere, effettuate in forza di contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova limite esclusivamente nel caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore».