A 2 anni dalla comparsa del nuovo Coronavirus in Italia, la giurisprudenza si trova ancora ad affrontare una frontiera complessa in merito alle responsabilità delle strutture sanitarie per le infezioni da Covid-19 contratte all’interno delle stesse
Risulta ancora complesso e incerto, infatti, determinare con oggettività la congruità delle scelte operate dal nosocomio: circostanze che fanno seguito a un più generale dibattito sulle “colpe” delle strutture in merito ad infezioni anche non necessariamente legate al coronavirus.
Una convincente risposta giuridica a questi interrogativi è arrivata con la Legge Gelli: uno strumento dedicato alla gestione del rischio sanitario che si configura come completamento della legge Balduzzi dell’8 novembre 2012. Il punto di partenza di questa riflessione giuridica riguarda la non sussistenza del Covid-19 come causa di forza maggiore per avvenute infezioni nosocomiali. Ma cosa si intende per infezione nosocomiale?
“Col termine infezioni nosocomiali si intendono generalmente infezioni insorte nel corso di un ricovero ospedaliero, non manifeste clinicamente né in incubazione al momento dell’ingresso e che si rendono evidenti dopo 48 ore o più dal ricovero, nonché quelle successive alla dimissione, ma causalmente riferibili, per tempo di incubazione, agente eziologico e modalità di trasmissione al ricovero medesimo”.
Circostanze di questo tipo non possono che coinvolgere anche contenziosi giudiziari che sfociano in richieste di risarcimento. La legge Gelli, infatti, introduce responsabilità di tipo contrattuale per la struttura sanitaria.
Le parti in causa
Da un lato dell’equazione giuridica troviamo l’attore danneggiato a cui spetterà dimostrare l’esistenza di un rapporto tra l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e la struttura in questione, colpevole, secondo il paziente, di non aver adempito ai propri doveri di salvaguardia. Questo tipo di dimostrazione non sempre si rivela semplice: in alcuni casi, però, l’insorgere della stessa infezione in altri pazienti della struttura rende l’associazione molto più semplice. Lo stesso può accadere con il Covid-19 contratto in seguito a lungo ricovero ospedaliero. In questo caso il nosocomio può essere considerato l’unico luogo “responsabile” dell’avvenuto contagio.
Dall’altro lato, invece, la struttura potrà difendersi dalle accuse attraverso una specifica dimostrazione di “non colpevolezza”, allegando prove di un’infezione non imputabile a negligenza dell’ospedale e del suo staff. Si procederà, infatti, alla dimostrazione di un avvenuto corretto svolgimento delle pratiche e degli esami medici, in osservanza di modelli gestionali adatti alla circostanza e indipendenti dall’imprevedibilità dell’infezione.
Per questa ragione, la giurisprudenza ha in alcuni casi deciso di scagionare la struttura, giudicando come diligenti gli adempimenti messi in atto e sufficienti a rendere l’infezione come prevedibile ma non prevenibile. Un ulteriore punto di conflitto tra la logica ospedaliera e gli articoli legislativi consiste nella valutazione delle infezioni. Dal punto di vista medico vengono considerata come complicanze: un evento dannoso prevedibile in teoria ma molto complicato da contrastare. La giurisprudenza, invece, non si accorda a questo tipo di visione, proponendo due sole soluzioni: una situazione di peggioramento prevedibile ed evitabile le cui responsabilità sono da associare alla struttura, e insorgenze imprevedibili e inevitabili che ne scagionano i protagonisti.
Il comportamento e le misure gestionali, dunque, sono le prove che saranno valutate in fase di analisi su eventuali colpe da associare in seguito ad infezione. Nel caso specifico del Coronavirus, la struttura ospedaliera dovrà prevedere percorsi, meccanismi e organizzazioni interne per evitare la diffusione della malattia e il contagio all’interno della struttura: su queste applicazioni saranno valutate le responsabilità e i risarcimenti, qualora dovessero risultare inadempienze. L’infezione da Coronavirus generalmente si presenta con un’origine esterna rispetto all’ospedale: la responsabilità della struttura si ritiene di tipo “omissivo”, ovvero legata ad alcune mancanze strutturale nell’evitare che il virus stesso penetrasse all’interno del nosocomio.